11 aprile 2006
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sottilissima linea rossa
Dolly's Restaurant (***)
di James Mangold (Usa 1995, col, 103'). La studentessa Callie (Liv Tyler, al suo esordio) viene assunta come cameriera in una deprimente pizzeria di provincia, che la vedova Dolly gestisce assieme al figlio Victor, obeso, timido e afasico. Spaccato di un'America profonda e fuori dal tempo, descrizione di una maturazione dolorosa, senza violenza o morbosità, tuttavia senza scampo.
7 commenti:
Dal CORRIERE DELLA SERA
"PALERMO - Nella ricca mafia-story del «Fantasma di Corleone», com’è stato chiamato con un film tutto per lui, manca un bacio fra Provenzano e Andreotti, fra l’imprendibile superlatitante di Cosa nostra e altri big o gregari del modo politico. Ma ci sono le coperture eccellenti, ormai documentate dagli atti giudiziari della gestione di Piero Grasso alla Procura di Palermo. Inchieste che hanno scoperchiato le pentole della politica sfiorando parlamentari di An e Forza Italia, fino al presidente della Regione Totò Cuffaro. Individuando agganci stretti con l’imprenditoria, a cominciare dal re della Sanità privata Michele Aiello, vicino al governatore e compare di Provenzano. E perfino le deviazioni di forze di polizia bacate da talpe e «traditori», come li ha chiamati lo stesso Grasso". (Per chi vuole leggere tutto il pezzo: http://www.corriere.it/Primo_Piano/Cronache/2005/10_Ottobre/22/cavallaro.shtml)
tutto merito mio
Fatalità dopo 43 anni lo pizzicano a casa sua senza nessuno con i pizzini in tasca..... mi pare un pò troppo facile....
non so se essere felice o meno...pongo una domanda a chi parteciperà a questo blog: secondo voi è possibile che il boss dei boss venga arrestato all'indomani del risultato elettorale??? e per giunta nelle campagne di Corleone??? tale arresto mi sa un pò di sviamento...nel senso che doveva trovarsi una notizia che spostasse l'interesse dell'opinione pubblica dalla vittoria del centro sinistra...se è così arrestate Berlusconi...
E' che, ora che Berlusconi ha perso, Provenzano non gli serve più come Ministro...
Dopo più di quarant'anni di latitanza Bernardo Provenzano è finito in manette. Ma non è stata una cattura vera e propria, si può dire piuttosto che si sia trattato di una consegna della mafia nelle mani dello Stato. E' questa l'impressione che emerge. Da anni infatti si sapeva dove fosse il nascondiglio del grande capo, ma mai c'era stata la volontà politica di catturarlo. Nel pieno delle sue funzioni il superboss è stato protetto e difeso, non solo dai suoi fedelissimi, ma anche e soprattutto dalle istituzioni politiche, da quelle ecclesiastiche, e pure da parte delle forze dell'ordine. Ora invece che non serviva più l'hanno lasciato solo. A preannunciare questo epilogo erano arrivate - a sorpresa - la settimana scorsa le parole dell'avvocato del boss, che aveva dichiarato ai giornali: "Provenzano è morto". Una bugia, ovviamente. Era quello invece il segnale lanciato a tutte le cosche, con il quale si avvertiva che "Provenzano sarebbe stato catturato". Infatti, puntualmente la cosa si è avverata. Qualcuno ha parlato della strana coincidenza temporale che lega l'arresto di Provenzano all'esito della tornata elettorale a livello nazionale. Forse qualche elemento di consequenzialità esiste, ma il vero progetto è un altro: è quello cioè di condizionare le prossime elezioni regionali in Sicilia, laddove si attende il duello epocale tra Totò Cuffaro e Rita Borsellino. L'arresto di Provenzano rappresenterebbe la mossa (geniale) della cupola per indebolire (agli occhi della pubblica opinione) le ragioni della Borsellino: si voti Cuffaro, la mafia non c'è più! Il vecchio e malato boss, insomma, in cambio della sopravvivenza e del voto.
Da REPUBBLICA
"Vedere quell'omino trascinato finalmente in galera, nonostante l'età, nonostante i capelli bianchi e l'aspetto sottomesso, è una gioia, è una letizia. Bernardo Provenzano è un mafioso e un assassino. Ha ordinato la morte di decine di servitori dello Stato, e Giovanni Falcone e Paolo Borsellino sono soltanto gli ultimi. Ha organizzato lo sterminio di centinaia di rivali: cinquanta, dicono, li ha uccisi con le sue mani. Quel senso di soddisfazione diventa, quindi, subito un grazie ai cocciuti poliziotti che lo hanno stanato e ai tanti che, prima di loro, ci hanno provato senza fortuna; al ministero che li ha sostenuti tutti. Ma, dopo la privata soddisfazione di ciascuno e il pubblico grazie, è giusto (e più serio) tenere sotto controllo la retorica del "successo straordinario dello Stato", una formula che fiorisce oggi sulla bocca di troppi. Non può essere un successo straordinario, per un Paese occidentale, festeggiare senza un'ombra di imbarazzo l'arresto di un criminale sfuggito all'arresto per 42 anni e sette mesi. Soprattutto, se dopo quattro decenni, lo acchiappano a due chilometri da Corleone, a un tiro di schioppo da casa sua, dalla sua famiglia di sangue mentre la moglie gli invia - come probabilmente ha fatto sempre in questi anni - camicie ben lavate e odorose". Giuseppe D'Avanzo
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